Wednesday, January 9, 2013

"Progetto Colors", quando il basket "cura" il disagio giovanile e favorisce l'integrazione

giovedì 3 gennaio 2013

L’integrazione fa canestro. Lo sport del basket come strumento per combattere il disagio giovanile.  

Radio Vaticana - Questo è uno degli obiettivi perseguiti dal "Progetto colors", che dal 2007 avvicina alla pallacanestro i ragazzi fino ai 16 anni soprattutto nelle periferie disagiate dell’Italia, consentendo loro di praticare gratuitamente questo sport. Dal 2009, l’Associazione opera anche in Africa, a Mozambico. Di cosa si tratti lo spiega l’ideatore del Progetto, Simone Santi, al microfono di Maria Cristina Montagnaro: ascolta

R. – Consiste nel dare un contributo per l’acquisto di magliette, di pantaloncini, di un pallone da parte di un bambino di una periferia difficile in Italia o all’estero, per potergli consentire di giocare a basket. E’ un progetto che parte dalla consapevolezza che noi siamo un Paese fondamentalmente intollerante, un Paese che fa fatica ad accogliere le diversità. Questo è un fenomeno soprattutto delle periferie "difficili" delle grandi città italiane. Siamo partiti da lì, proprio da Corviale, che è uno dei quartieri più difficili di Roma, della capitale d’Italia, e attraverso la pratica della pallacanestro abbiamo ridato ai bambini, dagli otto ai sedici anni, di colori e razze diverse – da qui il nome del “Progetto colors” – la possibilità di giocare insieme gratuitamente, seguiti da psicologhe, che vedono il miglioramento del comportamento grazie appunto a uno sport che ha ridato a questi bambini un vocabolario comune, indipendentemente dalle loro origini, dalla loro estrazione sociale, oppure dalla condizione in cui vivono.

D. – Quanti ragazzi avete aiutato finora?

R. – Tesserati con noi sono stati più di 1.200 bambini, che hanno espresso ben 35 nazionalità differenti.

D. – Dal 2009, il Progetto è stato esteso a livello internazionale...

R. – Il primo obiettivo è stato quello di integrare i ragazzi di questa periferia molto grande di Maputo, capitale del Mozambico, di integrarli con i bambini dell’orfanotrofio. Abbiamo realizzato un campo da basket e abbiamo iniziato a far giocare i bambini con una pratica abbastanza diffusa in Mozambico, perché una squadra di basket femminile è addirittura diventata campione d’Africa quest’anno. Il basket, dunque, è abbastanza diffuso, anche se praticamente inesistente nelle periferie. Questa squadra, quindi, che inizialmente abbiamo formato, l’abbiamo portata in Italia dopo un anno di attività, per fare delle amichevoli con bambine italiane. Queste bambine mozambicane, poi, provenienti dall’orfanotrofio di Zimpeto, sono state ospitate a casa delle bambine con cui disputavano l’amichevole. Hanno vissuto un’esperienza molto bella qui a Roma. Sono state accolte da tutti i compagni di squadra italiani, nel Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano, in una festa alla quale hanno partecipato più di 1.500 bambini, con gli stessi colori, che hanno accolto la squadra di Maputo.

D. – Chi volesse sapere di più di quello che fate...

R. – Basta andare sul sito o sul sito della "sslaziobasket" e da lì si può dare un contributo molto reale e molto concreto, che permette a uno dei nostri bambini di poter avere l’attrezzatura per giocare a basket per un anno intero.

http://www.laperfettaletizia.com/2013/01/progetto-colors-quando-il-basket-cura.html?m=1

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